MORTE DEL PAR. LUIGI ANDI,
ULTIMO SOPRAVVISSUTO DELLO SQUADRONE “F”
E così anche l’ultimo guerriero dello Squadrone “F” ha lasciato questa terra.
Ieri sera 23 Ottobre 2021 – data fatidica e celebrata nella storia della Specialità Paracadutisti – Luigi Andi, classe 1923, alle 23.15 ha esalato il suo ultimo respiro. Gli sopravvive la moglie Meri di novant’anni.
Ma perché ne parliamo qui? Chi è stato Andi?
Per comprendere l’uomo, è necessario dire alcune cose sul contesto storico nel quale il leggendario “Squadrone da Ricognizione FOLGORE” del quale faceva parte il nostro Andi si costituì ed operò. Gli Alleati, pur non fidandosi troppo degli Italiani che a seguito dell’Armistizio dell’8 Settembre avevano chiesto di partecipare alle operazioni belliche contro i Tedeschi, avevano bisogno di impiegare una unità nazionale ben addestrata e motivata per condurre ricognizioni a breve e medio raggio sul fronte nemico. Era un lavoro pericoloso e pieno di incognite. Se presi prigionieri, gli Italiani venivano immediatamente fucilati come traditori. L’VIII Armata a guida britannica diede fiducia alla piccola formazione che al comando del Capitano Gay, che l’aveva voluta e disegnata, si addestrò a condurre operazioni di ricognizione e combattimento dietro le linee avversarie, incluso il sabotaggio. Al momento della sua fondazione l’unità fu denominata “1°Reparto Speciale Autonomo” una entità di circa 200 uomini, che raggiunse il culmine del suo ciclo operativo con un lancio di guerra nella pianura padana la notte del 20 Aprile 1945.
Ma andiamo per ordine. Dopo un primo periodo di attività autonoma, lo Squadrone venne definitivamente inquadrato nel XIII Corpo d’Armata Inglese. I suoi 4 plotoni vennero dislocati nelle varie zone del sud Italia dove la presenza tedesca era più massiccia e opprimente. Gli scontri a fuoco e le perdite furono inevitabili. Dopo questo primo periodo di attività lo Squadrone venne spostato a Sesto Campano e proprio nel periodo di riposo assunse la denominazione di “1° Squadrone da Ricognizione Folgore”. Dopo aver partecipato alla Battaglia di Cassino, alla liberazione di Roma e aver aiutato gli Alleati a liberare la parte tirrenica del centro sud, lo Squadrone diede un appoggio fondamentale anche per la liberazione di Firenze inviando nelle città squadre composte da 2 uomini in abiti civili per evitare di essere individuati dai Tedeschi durante le missioni informative. Andi fece parte di queste pattuglie speciali. Dopo un periodo di operazioni nella zona della Consuma (Appennini Toscani), gli uomini di Gay furono trasferiti nei pressi di Fiesole per un periodo di riposo. Siamo nei primi giorni del 1945. Fu durante questo lasso di tempo che l’VIII Armata concepì l’Operazione “HERRING 1”. Essa consisteva nel tentativo di arrestare la ritirata germanica verso Nord al fine di impedire che i Tedeschi si potessero riorganizzare dopo il passaggio del fiume Po. Quattordici pattuglie dello Squadrone e dodici della Centuria “Nembo” si dovevano lanciare dietro le linee nemiche sulla pianura padana per la missione di disturbo delle operazioni di ritirata del nemico. L’operazione ebbe un grande successo, certificando per sempre la qualità dei Soldati Italiani. Andi, anche lui paracadutista e abile operatore, chiese di poter partecipare ma il numero era molto ristretto e lui non fu tra i prescelti. Poco dopo essere rientrato dalla missione, lo Squadrone venne riunito dagli Inglesi nel teatro di Fiesole dove venne ufficialmente disciolto. Alcuni suoi uomini vennero congedati, quelli in servizio permanente spostati in altri reparti, altri ancora vennero mandati a Bolzano alle dipendenze della Divisione Folgore. Ed ora veniamo a qualche particolare sul nostro Andi.
Il suo servizio militare, della durata di 38 mesi, non lo svolse soltanto nello “Squadrone F” di cui sopra abbiamo narrato le gesta ma, inizialmente anche in altri reparti. Chiamato alle armi il 15 Settembre 1942, viene colto dall’Armistizio nella località di Spezzano Albanese dove era stato trasferito. Ai primi di Dicembre, sciolto il reparto, venne mandato al 5° Rgt. Autieri di Bari. Incarico di tutto comodo e a rischio zero. Tuttavia, lui come molti altri Soldati Italiani, non volevano accettare l’idea di non essere partecipi al riscatto della Patria. Proprio in quel periodo, il 1° Reparto autonomo formato da paracadutisti richiese autocarri e conduttori. Il gioco era fatto. Andi entrò a far parte dell’unità. Allo Squadrone trovò un bellissimo ambiente e rimase affascinato da superiori e colleghi, primo fra tutti il Cap. di Cavalleria Gay. Dopo la guerra lavorò per 40 anni presso la casa editrice Rizzoli terminando con la qualifica di Capo Reparto. Scrisse moltissimi articoli sullo Squadrone. Ebbe due figli e un nipote, Stefano Salvadori Andi – anche lui paracadutista – senza l’aiuto del quale questo ricordo non avrebbe potuto essere scritto. Stefano, qui va detto per sottolineare quale è stato il suo encomiabile comportamento, ha il merito di aver accompagnato suo nonno a tutte le celebrazioni e le riunioni dello Squadrone con un affetto e una dedizione non comuni. Quel nonno che ricoprì anche incarichi di prestigio presso diverse associazioni combattentistiche meritandosi la croce di Cavaliere Ufficiale dell’OMRI.
Che si può dire di questo eroe senza tempo? Si può certamente dire: Onore al Soldato che, rischiando senza esitazioni la propria vita, seppe dire al mondo di che pasta sono fatti i Paracadutisti Italiani.
Addio Luigi. Ci mancherai molto.