Come ogni anno, da oltre mezzo secolo, si ricordano a Livorno e in molte altre località italiane i Caduti di Gesso 4.
46 paracadutisti del secondo battaglione, nonché l’equipaggio inglese del C130 che li avrebbe dovuti aviolanciare in Sardegna e che invece si inabissò nelle acque della Meloria, di fronte a Livorno, il 9 novembre 1971. Durante le operazioni di recupero dei corpi, perse la vita un ulteriore paracadutista della Folgore, il Serg. Magg. Giannino Caria, dell’allora Battaglione Sabotatori Paracadutisti, impegnato nelle immersioni nel luogo dell’incidente.
Si trattò di una tragedia, come sempre accade quando a perdere la vita sono giovani nel fiore degli anni, non importa se per un tragico incidente come quello in questione o in combattimento, come accadde tre decenni prima ai paracadutisti della Folgore e della Nembo durante la guerra.
Una tragedia per il numero delle vittime, che si è percepito nella sua drammatica realtà durante il lungo appello recitato dall’attuale comandante della sesta compagnia al cimitero della Cigna a Livorno, alla presenza di molti familiari e commilitoni dei Caduti e delle autorità militari e cittadine. Ma una tragedia anche per il fatto che ognuno di quei giovani portava con sè un universo affettivo fatto di genitori, fratelli e sorelle di poco più vecchi o più giovani di loro, cresciuti poi col rimpianto di non averli avuti al proprio fianco negli immancabili momenti di dolore e di gioia che punteggiarono le vite delle rispettive famiglie. E a questi universi appartenevano a pieno titolo anche i commilitoni con i quali avevano intessuto forti legami di cameratismo nei ranghi delle rispettive compagnie e sui quali piombò per primi la tragica notizia dell’accaduto. Prima ancora che le famiglie venissero proiettate nel tunnel di dolore che ne seguì. Quei commilitoni, nell’ambito del “quadrato fermissimo” dell’ANPDI, continuano ancora, nonostante il mezzo secolo trascorso, a presenziare in forze a tutte le occasioni finalizzate a ricordare la tragedia, dando una prova di spirito di corpo che non teme il passare del tempo.
Di questi sentimenti è permeata anche la storia di tutto il resto dell’ANPDI che tutti gli anni, immancabilmente, si stringe alle famiglie dei Caduti assieme al Comandante della “nostra” Folgore, al Comandante del 187° reggimento e agli eredi ancora in armi di quei giovani di allora. Giovani anch’essi, come i ragazzi di allora orgogliosi di appartenere all’unità di punta dell’Esercito Italiano.
Insomma, con il trascorrere del tempo, il dolore acuto dei primi giorni si è trasformato in un peso costante ma al tempo stesso nobilitante, mentre la memoria della tragedia ha assunto il carattere di un monumento virtuale ai giovani di leva che in quei lontani decenni fecero rivivere lo spirito della Folgore e della Nembo e, al tempo stesso, diedero vigore all’identità nazionale. Un’identità nazionale che era uscita scossa da una terribile guerra persa ma che ritrovò proprio nei soldati, in quei ragazzi che prestavano servizio “obbligatorio” di leva, quell’ingrediente indispensabile per trasformare la società, il paese nella Patria di sempre. La fecero rinascere, quella Patria, nelle operazioni di soccorso alle popolazioni italiane, dal Vajont, al Friuli, all’Irpinia, all’alluvione di Firenze e poi nelle moltissime operazioni fuori area nelle quali resero onore alla nostra italianità, scrollandosi di dosso ogni timidezza nei confronti di chi avrebbe voluto accampare quarti di nobiltà superiori ai nostri. Senza averne alcun titolo.
A nome di tutta la 6acomp.DRAGHI, ringrazioper le belle parorole ,che mantengono il ricirdo dei nostri commilitoni,dei 6 aviatori inglesi e il sabotare Giuseppe CARIA,perito anche lui nel tentativo disperato,di poter restituire alle famiglie il proprio caro .
Per noi commilitoni ,il 9 novembre giorno infausto è un dovere ritrovarsi a Livorno e partecipare alla commemorazione organizzata dalla Brigata paracadutisti alla quale siamo immensamente grati .un momento per incontrarci tra commilitoni e i famigliari dei caduti alla Meloria.