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E’ MORTO IL GEN. FRANCO ANGIONI, ICONICO RAPPRESENTANTE DEL PARACADUTISMO MILITARE ITALIANO

Nel pomeriggio di oggi è morto a Roma il Generale Franco Angioni, all’età di 92 anni, nella struttura presso la quale era in cura a Roma. Era conosciuto a molti come “Condor”, il nome in codice che aveva utilizzato come Comandante del Reparto nel quale era nato e presso il quale aveva maturato le sue prime e fondamentali esperienze, il Battaglione Sabotatori Paracadutisti.

Militare per tradizioni di famiglia, in quanto figlio di un Sottufficiale, Il Generale Angioni aveva iniziato la sua vita militare frequentando la Scuola Militare Nunziatella nel 1949 per poi diventare Ufficiale nel 1954 dopo la frequenza dell’Accademia Militare e della Scuola d’Applicazione.

Ufficiale di fanteria assegnato alla Specialità dei bersaglieri come Sottotenente, fu poi trasferito nel grado di Tenente a Cesano di Roma, nei ranghi di quel “plotone Speciale” dal quale presero successivamente i natali la “Compagnia Speciale” e infine il Battaglione Sabotatori Paracadutisti. Comandò quest’ultimo dal 1977 al 1978, prima che l’unità ricevesse un nome e una Bandiera che lo ricollocarono direttamente e definitivamente nel solco delle tradizioni dell’ardimento italiano: 9°reggimemto d’assalto paracadutisti “Col Moschin”.

Ma quello che rese il Generale Angioni personaggio iconico nell’ambito delle Forze Armate e volto molto noto anche per l’opinione pubblica più estranea alle questioni militari, fu l’operazione in Libano dal settembre 1982 al marzo 1984 della quale fu indimenticabile Comandante. Assunse l’incarico della prima operazione “fuori area” italiana del dopoguerra nel grado di Colonnello, pochi mesi prima di essere promosso Generale di Brigata, lasciando l’incarico di Capo Ufficio Operazioni dello SME dove già si stava evidenziando per professionalità ed autorevolezza. Si trattò di un’operazione nella quale l’Italia “se la giocava” da pari a pari con altri contingenti di primissimo ordine, americano, francese e britannico, in un contesto estremamente delicato e difficile. Il tutto, sotto gli occhi dell’opinione pubblica mondiale già allora scioccata dalle violenze ai danni dei profughi palestinesi che erano culminate nella Strage di Sabra e Chatila.

Consapevole dell’attenzione con la quale molti, sia in Italia che all’estero, guardavano a questo primo impiego complesso delle nostre Forze Armate dopo la fine della guerra, esercitò tutta la sua professionalità ed autorevolezza rimanendo presente in teatro dal primo all’ultimo giorno, controllando di persona anche i minimi particolari delle molteplici attività che si conducevano e prestando particolare attenzione ai rapporti con le comunità locali. Seppe così ricavarsi il ruolo di interlocutore privilegiato per tutti, sia con le forze israeliane frequentemente in transito nel nostro settore provenendo da Sidone e dirette alla valle della Bekaa, sia con le comunità cristiane e musulmane di Beirut. Ma, naturalmente, una attenzione particolare la rivolse ai rapporti con le comunità palestinesi, concentrate in Campi Profughi che assicuravano condizioni di vita marginali alla popolazione, priva di servizi sociali e ammassata in un contesto nel quale si concentravano e scontravano milizie e partiti di ogni genere.

Certamente, il ruolo di grande esposizione che l’Italia ha continuato ad esercitare nel Paese dei Cedri anche nei decenni successivi, con una costante presenza al vertice dell’Operazione UNIFIL nel sud del Libano, la si deva anche al prestigio che Condor 1 seppe guadagnare alle nostre unità in quegli anni.

Fu Comandante di quella che oggi definiremmo una operazione “interforze”, avendo alle dipendenze unità delle tre Forze Armate come il battaglione San Marco e i vettori aerei e navali necessari all’alimentazione del dispositivo. Per quel che riguarda l’Esercito, operò con unità di tutte le Armi e Specialità, all’inizio rappresentate essenzialmente dai bersaglieri del battaglione Governolo, ma soprattutto dagli incursori e dai paracadutisti del battaglione Folgore, che volle composto all’inizio della missione da personale del 9° e del battaglione carabinieri paracadutisti. Il 9°, in particolare, rimase per tutta la durata dell’operazione, senza interruzioni o rotazioni, alle sue dirette dipendenze e con funzioni di sicurezza ma anche di addestramento a favore delle altre unità. Quanto al Comando del Contingente, oltre a Ufficiali di particolare professionalità nei ruoli chiave, si avvalse anche in quel contesto di alcuni Sottufficiali della propria antica unità, con i quali aveva un rapporto di confidenza e fiducia quasi familiare e che utilizzava per avere il polso della situazione generale, laddove non riusciva ad arrivare col suo controllo diretto. In questo contesto, fu il primo a sentire l’esigenza di disporre di uno strumento come il nucleo Bonifica da impiegare per rimuovere i numerosissimi ordigni inesplosi e le mine che causavano molte perdite ai contingenti.

L’impiego in Libano fu solo l’inizio di una carriera che fu folgorante, e che lo vide Comandante dell’AMF della Nato, Direttore del Centro Alti Studi della Difesa, Comandante del 3° Corpo d’Armata e delle Forze Terrestri Alleate del Sud Europa, nel grado di Generale di Corpo d’Armata, prima di assumere l’importante incarico di Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale Armamenti col quale concluse il suo servizio attivo.

Collocato in quiescenza, è sempre stato molto presente a livello istituzionale per l’esperienza di cui era portatore, riconosciuta tra l’altro con la decorazione di Commendatore dell’Ordine Militare d’Italia. Ma un’attenzione particolare l’ha sempre riservata alla Folgore nella quale era nato fino a ricoprire l’incarico di Vice Comandante della Brigata e, soprattutto, al “Col Moschin”, reparto di cui rappresenta uno dei padri nobili in assoluto.

L’Associazione Nazionale Incursori dell’Esercito, in questo contesto, ha rappresentato lo strumento che gli ha consentito, finchè gli è stato possibile, di essere presente nella sua “famiglia d’origine” elettiva, il “Col Moschin”, sebbene da decenni priva dei suoi coetanei e dei suoi antichi subordinati, ma comunque consapevole di quanto lui abbia rappresentato per la stessa.

L’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia si associa al dolore della famiglia e a quella dei suoi antichi commilitoni, ed esprime la sua vicinanza alla “sorella” ANIE di cui il Generale Angioni è stato Presidente Onorario oltre che uno dei più attivi ed attenti animatori ed ispiratori.

Le esequie si terranno venerdi 31 ottobre, alle ore 11.30, presso la chiesa di S. Mattia, in via Renato Fucini 285 -Roma

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